Febbre, dolori muscolari e cefalee colpiscono Edith Schwitter dopo la vaccinazione antinfluenzale nel dicembre 2020; l’infermiera specializzata, 52 anni, pensa si tratti di una reazione al vaccino e continua a lavorare.
I primi due test COVID risultano negativi. Vista la scarsità di personale, decide nel fine settimana di subentrare in un turno. Dopo un terzo test, questa volta positivo, compaiono forti dolori alla testa, ai muscoli e agli arti che costringono Edith Schwitter ad assumere antidolorifici. Si sente spossata, non riesce a respirare e nota problemi di concentrazione.
«A posteriori, so che avrei dovuto insistere e andare subito in ospedale quando mi sono sentita male.»
«Ci si sente impotenti quando il medico ti dice che non vuole vederti e che devi restare a casa finché la situazione non si aggrava per davvero», rammenta Edith Schwitter. «A posteriori, so che avrei dovuto insistere e andare subito in ospedale quando mi sono sentita male.»
L’infiammazione si estende
All’inizio i sintomi sofferti da Edith Schwitter non erano così gravi come quelli del suo partner, ma le infiammazioni nel corpo andavano estendendosi inesorabilmente. Prima le è stata diagnosticata una polmonite bilaterale, poi una sinusite (infiammazione della fronte e del seno mascellare). Ancora, l’inalazione di farmaci per l’asma ha dato origine a un’infezione fungina nel distretto della gola e della bocca (mughetto). Successivamente si è sviluppata un’infiammazione della mucosa orale in tutta la zona faringea.
Dolori improvvisi al fianco sinistro e febbre a 40 gradi hanno costretto Edith Schwitter a recarsi in ospedale. Una grave infezione della vescica e del bacino renale hanno richiesto la terapia antibiotica, ma l’infezione non rispondeva al trattamento. Dopo tre giorni in cui i valori infiammatori continuavano a salire e Edith Schwitter continuava a perdere sangue, i medici sono entrati nel panico. Edith Schwitter era in setticemia.
Una grande fortuna
«Solo in ospedale mi sono resa conto di quanto sia stata fortunata. L’ho scampata per un pelo: l’intero sistema era stato colpito da una grave intossicazione da E. coli», racconta l’infermiera. Fortunatamente con un antibiotico più potente siamo riusciti a combattere l’infezione batterica. Edith Schwitter è stata dimessa dall’ospedale due settimane più tardi.
«Il mio sistema immunitario è impazzito. Ci sono infiltrazioni ovunque. Si risolve una cosa e ne spunta fuori un’altra.»
In un consulto per il Long COVID le è stato spiegato che il sistema immunitario non funziona più come dovrebbe. Fino a fine maggio è stata messa in malattia per spossatezza cronica (fatica). Ancora non sa se poi potrà effettivamente tornare a lavorare. Edith Schwitter consiglia alle persone affette di recarsi il prima possibile a un consulto per il Long COVID. «Tutte le discussioni e le spiegazioni fatte prima richiedono una grossa dose di energia e comunque non mi hanno portato avanti.» Anche se specifici valori non presentano anomalie, ciò non significa necessariamente che le persone affette siano effettivamente sane.
Importantissimo: il Pacing!
Durante il consulto, il medico specializzato in fatica cronica ha ascoltato attentamente le parole di Edith Schwitter e l’ha riportata coi piedi per terra: le persone affette da Long COVID non guariscono nel giro di due settimane. Nei mesi successivi si è resa effettivamente conto che affaticarsi troppo non faceva che peggiorare le cose. La parola d’ordine era: Pacing, ovvero utilizzo ragionato delle energie.
«So che le persone affette non simulano e che non c’è nulla di cui vergognarsi.»
«Il mio sistema immunitario è impazzito. Ci sono infiltrazioni ovunque. Si risolve una cosa e ne spunta fuori un’altra. Non puoi eludere i dolori muscolari: sono troppo forti», spiega Edith Schwitter. «Da specialista, è ancora più brutto accorgersi che dopo mesi si è ancora costretti a casa dalla malattia. So che le persone affette non simulano e che non c’è nulla di cui vergognarsi.»